Mi trovavo qualche giorno fa impegnato in un interessante corso di formazione con una importante azienda industriale e la missione da svolge era fare riflettere quei manager sugli aspetti relativi al pensiero strategico ed alle decisioni efficaci.
Queste due caratteristiche infatti sembrano essere particolarmente richieste nel periodo che stiamo vivendo, pieno di trasformazioni, cambiamenti ed anche diffusi e diversificati pericoli da scansare.
In quella sede il direttore del dipartimento, un manager giovane e particolarmente talentuoso, aveva espressamente richiesto che il focus dell’intervento non si limitasse agli aspetti tecnici, ma approfondisse il problema dello sviluppo personale e della capacità del singolo di affrontare con flessibilità e creatività i momenti di incertezza come quelli che il suo team stava incontrando.
Un collega, parlando degli aspetti di contesto, fece riferimento alle indicazioni relative alla trasformazione dell’atteggiamento delle aziende che si sono trovate a passare dal “pronti, mirate… Fuoco!” alla situazione “pronti, fuoco! …mirate!”. L’esortazione è correttamente evocativa di un momento storico nel quale la velocità è considerata un valore e il controllo della stessa, supportato da una tecnologia utile a non fallire il bersaglio, necessaria. In fin dei conti anche i “missili intelligenti” possono disporre di sistemi a guida laser che li guidano quando già sono stati lanciati rendendoli estremamente efficaci.
Mentre lo ascoltavo la mia memoria correva ad un passaggio di un interessante intervento di Tom Peters che, in merito allo stesso argomento, suggeriva di prepararsi al momento nel quale ci saremmo dovuti confrontare con un approccio ancora più estremo della maggior parte delle aziende, ovvero la situazione “Fuoco! Fuoco! Fuoco!”!
In effetti, il disorientamento che sempre più spesso ci si trova a dover gestire in azienda deriva sostanzialmente dalla situazione ben descritta da Peters.
La velocità dei processi aumenta esponenzialmente per diversi motivi e concomitanti fenomeni e, oltre a questo, esiste forte il sospetto che noi esseri umani non si sia stati progettati per governare il caos che ne deriva.
Ultimamente infatti, aumenta la velocità di scambio delle informazioni (internet, web 2.0, socia networking, mobile devices, ecc), la velocità richiesta dai clienti (time to market), aumenta la velocità di misurazione delle performance (si passa dal quarter al mese), insomma.. Aumentano tutte le velocità relative alle performance richieste ad ogni membro di un’organizzazione.
Il controllo di questa velocità diviene il problema da affrontare per un manager e quindi i modelli organizzativi cambiano radicalmente. Un tempo era possibile stabilire procedure di controllo, ora queste richiamo di diventare il primo ostacolo alle performance richieste e questo genera un potenziale pericolo.
È necessario correre più forte, talvolta in mezzo alla burrasca, senza strumenti disponibili alla navigazione.
L’equilibrio è quello di un funambolo che corre sul filo senza bilanciere: non puoi rallentare e non devi cadere!
I processi organizzativi cambiano. Dalle vecchie strutture gerarchiche si passa a strutture diverse, più orientate ai flussi di valore. Le aziende da organizzazioni funzionali hanno scelto le strutture dimensionate per processi o per progetti, dando spazio alle “pipeline”, ovvero a ciò che collega l’idea, il prodotto o il servizio al cliente. Il flusso del valore richiede che vengano rimossi gli ostacoli alla soddisfazione ai bisogni l cliente, raggiungendolo efficacemente solo con ciò che a lui serve davvero, senza fronzoli.
Anche le organizzazioni a matrice, ultima frontiera in merito alle capacita di dare risposta a questi fenomeni, non sembrano essere più sufficientemente efficaci per realizzare questo intento.
L’epoca di internet ha cambiato di nuovo tutto, e se non lo ha fatto direttamente la rete lo stanno facendo i suoi figli, i cosiddetti “millenium”, la nuova generazione di esseri umani che stanno arrivando a governare le aziende stesse.
Questo crea non pochi grattacapi ai “baby boomers” ed alle altre generazioni precedenti rimaste a governare aziende che richiedono trasformazioni sempre più radicali e che li obbligano a muoversi come se conoscessero esattamente ciò che stanno facendo.
Non è un problema di delega, di strumenti o di disponibilità. Il problema sta nella comprensione del fenomeno e nelle metriche. Mi spiego meglio.
Nelle organizzazioni anche più evolute, ad esempio le matrici, il problema che si doveva affrontare era quello di uscire dalla dinamica famigliare del capo: ” ho un capo e devo, in qualche modo, fare ciò che lui mi chiede”. Questo infatti avveniva nelle strutture gerarchiche-funzionali che, pure essendo in qualche modo restrittive e poco “democratiche”, fornivano riferimenti chiari e precisi. Il loro limite rimaneva quello della autorevolezza delle figure di rilievo che tendevano a fare leva sul concetto dell’autorità.
Nella matrice le cose cambiano: il capo non è quasi mai uno, sono diversi. La naturale percezione del leader di riferimento, l'”alpha”, figura così necessaria in un team, ne risulta ridimensionata e talvolta addirittura mancante. Questo ha generato fenomeni interessanti che hanno richiesto da parte delle aziende un approfondimento di temi di sviluppo direttamente collegati alla situazione. Argomenti come il team building, lo sviluppo della collaborazione, la leadership autorevole ma anche l’intelligenza emotiva sono attualmente molto richiesti e percepiti come fondamentali nelle aziende più evolute.
Eppure c’è ancora qualcosa che sta cambiando velocemente all’orizzonte. Uno dei vantaggi competitivi più evidenti, oggi come oggi, è proprio la capacità di gestire le informazioni in un mondo che va alla velocità della rete e dei millenium.
Le informazioni sono rilevanti, sia per quanto riguarda il loro reperimento, che per la gestione, che per il loro utilizzo corretto. In organizzazioni non adeguate la velocità di gestione delle informazioni rallenta. Il cliente perde la percezione di essere compreso e pende altre strade. Nella epoca che ci si presenta davanti, inoltre, il modo in cui le informazioni sono raccolte e distribuite fa la differenza. La forma sempre di più qualifica il contenuto, anzi citando Steve Jobs, CEO di Apple: “la forma è contenuto!”.
Nella mia esperienza mi pare che molte aziende non siano ancora pronte ad affrontare questo fenomeno. Farlo richiede coraggio, molto. E risorse diverse, molto. E una organizzazione diversa, molto diversa.
Per questo mi sono domandato: quali sono le strutture che meglio sono in grado di gestire le informazioni rendendole disponibili e realmente utili?
La risposta non piacerà ai puristi dell’organizzazione: sono le strutture neurali. Quelle nelle quali esistono snodi di informazione in grado di raccogliere velocemente dati, elaborarli indirizzandoli in modo corretto. Il nostro cervello sembrerebbe organizzato in questo modo (il condizionale è d’obbligo), Internet è organizzata così. In realtà le aziende più evolute sono già organizzate così. Il problema è che spesso non lo sanno!
Non è per nulla facile infatti fare una mappatura di internet o di una rete neurale qualsiasi. Poi non credo che potrebbe passare su un manuale della qualità!
Nelle organizzazioni neurali le informazioni circolano in modo immediato, efficace, trasparente, aperto e libero. Questo di fatto rimuove il concetto stesso di “riporto”. Io riporto al mio collega, al mio responsabile, ad un suo collega, ecc… Il concetto di delega cambia e non è più relativo al fatto che qualcuno mi chiede di fare qualcosa, ma si trasforma nella consapevolezza che quella cosa va fatta e che qualcuno la elabora e la perfeziona con me per non sbagliare strada.
In questo tipo di organizzazioni le risorse sono orientate al cliente a tal punto che talvolta non esiste nemmeno un confine così identificabile tra cliente interno e cliente finale.
Queste organizzazioni nascono per gestire i tempi e gli spazi che internet ha ridimensionato e continua a trasformare nella percezione collettiva: il tempo tende allo zero e gli spazi sono annullati!
In ogni caso la necessità di sviluppo delle competenze richieste per vivere in modo efficace in organizzazioni di questo tipo aumenta. Il problema è: quali sono le caratteristiche, le abilità richieste ad un individuo per essere efficace in un sistema come quello descritto?
Anzitutto la capacità di analizzare e comprendere il contesto sia dal punto di vista macro che a livello di dettaglio: si deve essere in grado di comprendere la propria mansione ma anche disporre del quadro complessivo. Come ama dire un manager che stimo molto, i membri di un organizzazione dei questo tipo devono essere in grado, dieci minuti al giorno, di prendere il proprio elicottero e alzarsi qualche centinaio di metri per vedere le cose dall’alto. Poi tornare sulla propria scrivania ed accelerare i flussi!
In secondo luogo la capacità di interagire con i colleghi giusti, con le informazioni giuste, nel modo giusto! Questo ha a che vede con l’intelligenza sociale, oltre che con quella emotiva. Comprendere ed interiorizzare il fatto che le nostre emozioni ci rappresentano e sono il modo più profondo con il quale noi comunichiamo, ovvero il modo con il quale arricchiamo di valore una informazione o la distruggiamo.
Il coraggio della trasparenza e della sincerità che si traduce nel concetto di assertività è un’altra delle abilità fondamentali. Nelle organizzazioni neurali, omettere una informazione o anche solo ridimensionarla per non offendere nessuno non solo rischia di essere poco efficace ma addirittura pericoloso. Ognuno è responsabile delle proprie percezioni, delle proprie informazioni e della loro gestione. Ricevere una mail e cliccare sul tasto “rispondi a tutti” è un modo arcaico di gestire le informazioni, sebbene capisco che a volte sia funzionale o addirittura assomiglia ad una specie di “assicurazione infortuni professionali”. Comprendere, gestire e smistare le informazioni in modo efficace aumenta la velocità ed il controllo ed è uno dei compiti più critici ma anche soddisfacenti delle nuove organizzazioni. Sentirsi utili e responsabilizzati è infatti motivante ed appagante per la maggior parte delle persone.
Altra caratteristica è l’estrema flessibilità e la capacità di trovarsi in zona di comfort nelle trasformazioni e nei cambiamenti. Questo implica una forza personale diversa da quella fisica o intellettuale. L’intelligenza intesa come capacità di “leggere dentro” ed approfondire i concetti si deve arricchire dell’attitudine di elaborare informazioni e operare in contesti sconosciuti. Il tema del cambiamento è centrale e viverlo bene rappresenta un vantaggio competitivo indiscutibile.
Altro aspetto fondamentale è quello del pensiero strategico. Guardare avanti immaginando in modo chiaro l’impatto che i propri comportamenti hanno sul cliente e vedere in anticipo la strada da percorrere per realizzare gli obiettivi che ci si pone senza qualcuno che necessariamente ce la indichi. Questo aspetto rende le persone direttamente responsabili del loro futuro e non c’è modo di evitarlo nell’epoca in cui tutti possono conoscere tutto. Questo rende le persone anche e specialmente responsabili del destino della loro organizzazione pur senza sollevarla da coloro che hanno il compito di definire la meta dell’azienda stessa, ovvero gli amministratori delegati o i CEO.
Infine, ma non per ultimo, il fondamentale concetto della leadership effettiva e personale. Qui ritroviamo un mix delle caratteristiche elencate precedentemente con un accento sul tema del controllo del proprio destino. Quello che in gergo viene chiamato “locus of control”, la percezione di aver in mano le redini della proprio vita e della propria professione. Leadership, in organizzazione come quelle descritte è responsabilità di fare accadere le cose, nella direzione giusta, utilizzando le risorse assegnate e creando valore ulteriore senza consumarne. Leadership significa diventare ciò che gli informatici chiamano HUB (letteralmente fulcro, mozzo, elemento centrale), ovvero un collettore efficace di informazioni, in grado di renderle utili e preziose all’interno del contesto definito. Arricchendo sia la fonte di informazione che l’utilizzatore. Divenendo centrali.
Questo stravolge il modo di disegnare le aziende.
Non più organigrammi ma strutture articolate, non più vincoli ma opportunità. Con qualche complessità in più da comprendere e metriche nuove da identificare.
Ed ecco che anche in un epoca nella quale si fa fuoco senza mirare e senza potersi nemmeno preparare ci si ritrova in grado di governare la complessità senza temerla. L’unico vero rischio è quello di fare finta che questa trasformazione non stia avvenendo.
A proposito, quel giovane manager si è ritrovato con il piano operativo dei propri collaboratori nelle mani e chi glielo aveva consegnato erano proprio loro, dopo averlo elaborato, discusso, analizzato ed approvato, negoziato e rivisto ed infine condiviso con quello che, in un altra epoca, avremmo chiamato “il loro capo”.
Niente male no?
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Simone Sisitci